Dieta proteica: aiuta gli anticancro?

GLI stili di vita, e l'alimentazione in primis, potrebbero incidere sul funzionamento dei farmaci di ultima generazione. Cioè i medicinali messi a punto per accendere o spegnere i geni ritenuti responsabili dell'insorgenza di alcune malattie, come i tumori. Ne sono convinti i ricercatori dell'università di Manchester, Gran Bretagna, che hanno pubblicato uno studio su Nature Genetics, basato su alcune sperimentazioni, condotte però finora solo su lieviti. La chiave di volta del meccanismo identificato risiederebbe in un'area del codice genetico delle cellule chiamato proteasoma.
Le sue funzioni sono ancora in parte sconosciute. Ma di fatto viene usato per tenere alla larga le proteine non "gradite". "In alcune cellule cancerose", rivela la coordinatrice della ricerca, Daniela Delneri, "il proteasoma sembra non funzionare a dovere. E infatti alcuni farmaci anticancro, gli inibitori del proteasoma, agiscono proprio bloccando alcuni suoi geni".
Partendo da questo assunto, gli scienziati hanno studiato alcuni lieviti del pane, che hanno qualche gene in comune con l'uomo.
In pratica hanno "scippato" il Dna di questi microrganismi di una copia di questi geni, che vanno sempre in coppia. E poi hanno sottoposto i lieviti a una serie di ambienti differenti, con l'aiuto di composti chimici. In questo modo hanno "simulato" gli stili di vita umani. Gli scienziati pensavano di scoprire che le cellule con una sola copia del gene funzionassero male. "Ma in alcuni casi è successo anche il contrario. Soprattutto con i derivati dell'azoto".
Un risultato che ha fatto supporre ai ricercatori che lo stesso possa avvenire anche con le cellule del tumore a contatto con gli inibitori del proteasoma. Insomma, trasferendo i risultati all'uomo, dicono gli scienziati, "una dieta ricca di proteine potrebbe amplificare gli effetti dei nuovi farmaci anticancro. Mentre non assumere proteine in quantità sufficienti potrebbe essere controproducente in termini di effetti della terapia".
Si tratta però ancora di una speculazione che necessita della conferma di numerosi altri studi, di laboratorio e sugli animali, prima di poter dire che lo stesso meccanismo si possa innescare nell'uomo. Cosa che gli studiosi vorrebbero accertare al più presto.

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